Una serata in onore di Leone Efrati e …Gianni Di Segni

Roma, 1 Febbraio 2018 – Agli Asili infantili di via della Renella verso le 20 c’è movimento. Siamo nella “Giornata della Memoria”. La locandina dice “L’ultimo round…Leone Efrati 1915-1945”, potrebbe anche essere il titolo di un film, ma è una storia vera e come dice la presentatrice “E’ molto importante perchè una storia come questa dovrebbe funzionare come una sorta di vaccino, che ci renda immuni da quelle che sono le pulsioni nazionaliste, populiste, xenofobe”. Il protagonista della storia e dell’intera serata in una sala gremita di gente è Leone Efrati, grande pugile romano, ucciso nel campo di concentramento a Ebensee. Molte le personalità del mondo ebraico romano e a dare il benvenuto ai presenti è Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma: “Dopo aver conosciuto Claudio De Camillis avevo ben chiaro l’obiettivo di dare dignità, onore e memoria ad una figura come Leone Efrati, troppo spesso dimenticata”. Ultimamente erano avvenuti fatti incresciosi come adesivi agli stadi contro gli ebrei, ma nello stesso tempo è capitato un episodio bello quanto significativo come il ritrovamento durante i lavori di ristrutturazione della famosa e antica palestra romana, Audace, di una valigetta di Leone Efrati, con il suo corredo da pugile per andare in America. Cesare Venturini, patron e superpresidente dell’Audace ha deciso di donare quel cimelio alla Fondazione Nazionale della Shoah, una valigia di cui neanche i familiari di Leone erano a conoscenza. “Questo fatto”, continua Ruth Dureghello, “ci ha non solo emozionato, ma ci ha anche sollecitato ad organizzare attraverso la Federazione Pugilistica e Claudio De Camillis con l’intervento del Comitato Laziale una serata come questa. Abbiamo bisogno di ricordare queste figure prestigiose del nostro sport. E insieme a Leone vorrei ricordare Gianni Di Segni, anche lui grande campione, sempre dell’Audace”.  Tocca quindi al Vicepresidente Vicario della FPI, Flavio D’Ambrosi, prendere la parola per i saluti di rito: “Per me è un onore e un privilegio particolare, ringrazio chi insieme a noi ci ha dato la possibilità di organizzare questa serata. Per noi della Federazione una serata come questa è importante per insegnare ai giovani a non dimenticare. E credo che questo grazie a Società come l’Audace sarà facilitato”.

Mario Venezia, Presidente della Fondazione Museo della Shoah: “ Per noi ricevere questi cimeli è motivo di grande orgoglio e faremo in modo che siano disponibili alla visione di tutti”.

Hanno un posto particolare e non poteva essere altrimenti i tre figli di Leone Efrati: Romolo, Elio e Letizia. Per certi versi a loro ci conduce Stefano Petrucci, noto giornalista romano, nel ruolo importante di moderatore : “E’ un onore condurre questa serata, perchè io conosco da pochi giorni Romolo e ci siamo subito affiatati. Io a casa avevo un vecchio libro di Salvatore Salsedo e lì ho letto una breve biografia di Leone, che non gli rende certo giustizia. Leone,conosciuto come Lelletto, è un peso piuma, una categoria di peso molto popolare da noi, pugilisticamente nasce nell’Audace. Si mette in luce affrontando gente del calibro di Gino Bondavalli un vero fenomeno, con il quale in un’occasione riesce pure a pareggiare, e nell’incontro in cui fu sconfitto dall’emiliano soffriva per la sciatica. Lui decide di andare in America e diventa subito un beniamino con una bella serie di vittorie che lo portano ad affrontare a Chicago nel 1938  Leo Rodak, allora campione del mondo, sulle 10 riprese. Il match è tirato e incerto, difficile stilare un verdetto. La vittoria tra i fischi viene data a Rodak e solo dopo venne dichiarato che quel match era valido per il titolo mondiale. Dopo questo disputa altri incontri e diventa una stella di questo sport. Nel 1939 vengono promulgate le leggi razziali. Lui decide di tornare in Italia infischiandosene dell’inferno che potete immaginare. Torna a Roma dalla moglie Giovanna”.

La storia di Leone prosegue attraverso il racconto del figlio Romolo: “Non stavamo più a casa. Dormivamo dentro i portoni per terra. E cambiavamo ogni giorno luogo per non dare punti di riferimento. La mattina ci alzavamo e ci mischiavamo insieme ad altra gente. Io all’epoca avevo 6 anni, mia sorella 3 e l’altro fratello 1. Un giorno mio padre fu accompagnato da due uomini in borghese con la scusa di avere informazioni. Ci hanno accompagnato a un portone di via Tasso dove c’erano i tedeschi. Quindi vengono tenuti 31 giorni a Regina Coeli. Una mattina ci portano sul camion per andare a Fossoli in un campo di smistamento e Romolo viene aiutato a fuggire. Leone era un grande campione di pugilato e questo piaceva ai tedeschi, che organizzarono sfide con altri pugili, molto più pesanti. Chi perdeva in genere faceva una brutta fine, chi vinceva andava avanti. Una sera Leone viene a conoscenza che il fratello è stato pestato dai kapò. Allora va nella baracca dei kapò per cercare di farsi giustizia, ma sono in troppi, viene massacrato e condotto a Ebensee, sottocampo di Mathausen e li è morto”.

Cesare Venturini racconta di come sia stata trovata la valigetta in un magazzino dell’Audace. La fortuna è che all’epoca  il presidente dell’Audace era Giuseppe Bottai, Governatore di Roma, per cui la Società veniva salvaguardata. Ma Venturini oltre a Efrati si sofferma su un altro campione dell’ Audace, forse il più grande di questa Società, parliamo di Gianni Di Segni, mediomassimo, 5 volte vincitore agli assoluti, 2 volte oro agli Europei, 4 posto alle Olimpiadi, vincitore due volte dei Giochi del Mediterraneo. Rimasto dilettante per sua scelta.

Claudio De Camillis, arbitro alle Olimpiadi, ha cominciato la sua carriera di pugile all’età di 13-15 anni entrando nella “Leone Efrati”, società sorta negli ’70. Racconta le sue gaffes innocenti per la diversità di religione. Indossava i calzoncini con la Stella di Davide, facendo notare che nessuno glielo aveva imposto. In sala tra i presenti ci sono molti pugili della sua epoca, De Camillis li nomina uno ad uno con affetto attraverso un’amicizia che li lega da 45 anni quando pugili romani e pugili ebrei convivevano come una sola famiglia. Anche lui ricorda Gianni Di Segni che veniva spesso in palestra a trovarli per dare consigli. Racconta di come è nata l’idea di questa serata con la famiglia Efrati, con la Comunità Ebraica, con la Federazione e il Comitato Laziale. Per lui tutto questo è motivo di grande orgoglio.

A tracciare un ulteriore profilo su Gianni Di Segni, ci pensa Roberto Funaro, suo parente, che cita un verso del Talmud: “Le persone giuste vengono considerate vive anche dopo la loro morte”. Di Segni, nato alla Regginella, da una famiglia povera, aveva un solo idolo ed era Leone Efrati. Prima di ogni Torneo a cui partecipava Gianni entrava dentro lo spogliatoio e chiedeva tra il serio e il faceto: “Chi di voi arriva secondo?”. Perchè era sottinteso che il primo era lui. Anche lui era stato colpito dalla Shoah. Era una persona mite, sempre pronto ad aiutare. Dopo il pugilato viveva soprattutto come comparsa al cinema, era il prediletto di Federico Fellini.

Lo storico Amedeo Osti Guerrazzi, documenti alla mano, ricorda il momento drammatico del processo intentato ai delatori dopo la caduta del Fascismo. Fu proprio Romolo, allora un ragazzino, unico testimone in vita, a riconoscere i due colpevoli che li avevano venduti ai tedeschi per 10mila lire (7000 per adulto e 3000 per bambino).

La serata è intensa con momenti di allegria e momenti di commozione. Arriva il momento della consegna delle Targhe: per la Federazione in onore alla figura di Leone Efrati ci pensa Flavio D’Ambrosi, per il Comitato Laziale Claudio De Camillis consegna una targa rivolta alla Comunità Ebraica in ricordo di Leone Efrati. C’e un breve spazio pure per la boxe di oggi con la testimonianza di un giovane pugile ebreo, molto emozionato, in forza all’Audace. La chiusura è quasi ad effetto con Cesare Efrati, medico, nessuna parentela con il pugile, che fu incuriosito due anni fa dalla domanda di un malato se era parente del famoso pugile. Da allora s’interessò al caso e rimase colpito anche da un articolo su un pugile ebreo ucciso ad Auschwitz. La chiusa della serata è ad effetto: “A marzo, probabilmente organizzata dall’Audace, si svolgerà al Palazzetto una riunione in onore di Leone Efrati”.

 

 

 

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